di Marta Serafini
«Per l’impegno contro lo stupro come arma di guerra». Il Premio Nobel per la Pace 2018 è stato assegnato al medico e attivista congolese Denis Mukwege e l’attivista yazida Nadia Murad. L’annuncio è stato dato nel Norwegian Nobel Institute di Oslo alle 11, ora italiana, di questa mattina. Mukwege era in sala operatoria quando ha appreso la notizia, secondo quanto dichiarato da lui stesso.
Nadia Murad è un’attivista yazida irachena (qui l’intervista di Viviana Mazza pubblicata su Buone Notizie) che ha denunciato al mondo gli abusi subiti dalle donne yazide per mano dei miliziani dell’Isis nell’agosto 2014. Il medico ginecologo congolese Mukwege, cura le vittime di violenza sessuale nella Repubblica Democratica del Congo. «Denis Mukwege è un medico che ha trascorso gran parte della sua vita aiutando le vittime delle violenze sessuali nella Repubblica democratica del Congo. Mukwege e il suo staff hanno curato migliaia di vittime», ha spiegato l’Accademia svedese nelle motivazione del Nobel. Mukwege «ha ripetutamente condannato l’impunità per gli stupri di massa e ha criticato il governo congolese e quelli di altri paesi per non aver fatto abbastanza per fermare l’uso della violenza sessuale contro le donne come arma di guerra». Nadia Murad è una delle circa 3mila ragazze e donne yazide che sono state vittime di stupri e abusi da parte dell’Isis. Murad «è stata vittima e testimone degli abusi e ha dimostrato un coraggio raro nel raccontare le proprie sofferenze e parlare a nome di altre vittime».
Gli stupri di guerra sono usati come arma psicologica da soldati, combattenti, milizie, ma anche da civili, durante i conflitti e comprendono anche i casi in cui le donne sono costrette a prostituirsi o a diventare schiave sessuali. Violenze spesso sistematiche e associate ai massacri. Lo stupro di guerra e la schiavitù sessuale sono riconosciuti dalle convenzioni di Ginevra come crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Lo stupro oggi è anche affiancato al crimine di genocidio quando commesso con l’intento di distruggere, in parte o totalmente, un gruppo specifico di individui.