Erbil. Dal 2016 sono stati svolti 7 corsi di Protezione del Patrimonio Culturale (Cultural Heritage Protection) in Kurdistan Iracheno, condotti dal personale dell’Arma dei Carabinieri della Police Task Force Iraq, inquadrati nel Contingente militare italiano dell’operazione Prima Parthica. I corsi sono stati ospitati da vari dipartimenti del Ministero degli Interni, della Polizia Regionale e di altre istituzioni pubbliche, quali l’Università Saladdhin o l’Istituto iracheno per la Conservazione delle Antichità e del Patrimonio Culturale.
Iraq, attentato contro militari italiani che addestravano i curdi contro Isis
Solidarietà e vicinanza dell’Istituto Kurdo alle Forze Armate Italiane
Il team stava svolgendo attività di addestramento (“mentoring and training”) in favore delle forze di sicurezza irachene impegnate nella lotta all’Isis. L’attentato è avvenuto intorno alle 11 locali, nella zona di Kirkuk. Ad essere coinvolti sono stati i commandos della task force presente in quell’area, che stava svolgendo un’attività di supporto ad una unità di forze speciali dei Peshmerga. I cinque appartengono alle Forze Speciali italiane. In particolare, appartengono al nono reggimento Col Moschin dell’Esercito e al Goi, Gruppo operativo incursori Comsubin della Marina militare.
Che ruolo hanno i soldati Italiani in Kurdistan?
“Noi partecipiamo alla coalizione e noi siamo quelli che forniscono i migliori addestratori”, dice ad HuffPost il generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore della Difesa. “Noi siamo in un’area dove succede di tutto – rimarca Camporini – e le vicende che stanno investendo la Siria non possono non avere ricadute anche nel vicino Iraq”. Il riferimento è ai Curdi. Perché, spiega Camporini, “se è vero che i curdi iracheni non sono la stessa cosa di quelli siriani, tuttavia è anche vero che noi in Iraq stiamo addestrando Peshmerga curdi e questo magari potrebbe dare fastidio a qualcuno”.
Allarme rosso, dunque. “Sicuramente il terrorismo è ancora attivo in Iraq sotto varie sigle compresa quella dell’Isis che peraltro in questo periodo sembra voler fare alcuni attentati proprio per supportare ed enfatizzare la nomina del nuovo ‘Califfo’ successore di al-Baghdadi – ci dice il professor Stefano Silvestri, già presidente dell’Istituto Affari Internazionali (IAI)- . Quello che è successo tra turchi, curdi, siriani – aggiunge Silvestri – lascia all’Isis un qualche spazio di manovra non solo in Siria ma anche in Iraq. Al momento non c’è stata una rivendicazione dell’attentato ma si può supporre che sia all’interno di questo contesto”.